É delle scorse settimane l'approvazione del Decreto Balduzzi in materia sanitaria. La norma sta scatenando molte riflessioni e altrettante polemiche; tra le numerose novità introdotte in materia di sanità e salute, una nuova regolamentazione della responsabilità professionale per contenere il fenomeno della medicina difensiva, la valutazione dell'operato del medico secondo linee guida nazionali e internazionali e un fondo per coprire le spese assicurative. É evidente che, nel corso degli ultimi anni, il numero delle denunce contro i medici sia aumentato in maniera impressionante, con un progressivo diffondersi della medicina difensiva da parte dei camici bianchi e un sensibile incremento dei costi a carico del Servizio sanitario nazionale legati al fenomeno, che ormai superano i 10 miliardi di euro ogni anno.
Un'altra importantissima novità è legata ai criteri di calcolo del danno biologico: nella relazione di accompagnamento, infatti, è stato previsto che la determinazione del danno biologico conseguente all'attività del sanitario dovrà essere effettuata tramite rinvio alle tabelle di cui agli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni, da integrare per tener conto delle fattispecie non previste. Questa formulazione appare rivoluzionaria, dal momento che introduce dei criteri di calcolo e liquidazione del danno molto differenti da quelli in uso finora: addirittura, sembrerebbero restare scoperti i danni da lesione del rapporto parentale. Si è disposto anche in tema di medicina territoriale, per modificare il rapporto tra cittadini e medici di famiglia, perché i pazienti possano avere la garanzia di un'assistenza 24 ore al giorno; si sono, inoltre, adottate delle misure di contrasto a cattive abitudini come il fumo e il gioco d'azzardo.
In questa sede appare interessante spendere qualche parola in relazione al primo comma dell'articolo 3 del provvedimento, che disciplina la responsabilità professionale di chi esercita le professioni sanitarie. In particolare, la disposizione prevede che la colpa lieve sia esclusa nell'operato di chi esercita la professione sanitaria in tutti i casi in cui si sia attenuto a linee guida e buone pratiche prescritte dalla comunità scientifica nazionale ed internazionale. Una formulazione, questa, che ha scatenato notevoli polemiche. Non si comprende, infatti, cosa abbia voluto esattamente intendere il legislatore quando parla di esclusione della colpa lieve dove ci si attenga alle linee guida. A una prima lettura sembrerebbe quasi che si stia offrendo una sorta di impunità nei confronti di chi svolge una professione così delicata come quella dei medici. Una colpa lieve, proprio per le potenzialità lesive che porta con sé, è pur sempre grave nell'ambito sanitario ed escluderla sarebbe come non richiedere rigore e massima attenzione al personale medico. Sicuramente c'è da domandarsi quali siano i casi, relativamente alle prestazioni che non presentano speciale difficoltà, in cui il giudice possa ravvisare responsabilità anche in caso di aderenza alle linee guida.
L'articolo, poi, prevede che, per ovviare alle difficoltà nell'accesso alla copertura assicurativa che incontra chi esercita le professioni sanitarie, vengano disciplinate le procedure e i requisiti minimi e uniformi per l'idoneità dei relativi contratti. Ciò deve avvenire con Decreto del Presidente della Repubblica su proposta del ministro della Salute, di concerto con i ministri dello Sviluppo Economico e dell'Economia e delle Finanze, sentiti Ania, federazioni nazionali degli ordini e dei collegi delle professioni sanitarie e organizzazioni sindacali rappresentative delle categorie professionali interessate. E tenendo conto di una serie di criteri, tra i quali il più innovativo è sicuramente l'indicazione dei casi nei quali, sulla base di definite categorie di rischio professionale, prevedere l'obbligo, in capo a un fondo appositamente costituito, di garantire idonea copertura agli esercenti le professioni sanitarie. É prevista, inoltre, la costituzione di un fondo per garantire idonee coperture assicurative finanziato con il contributo dei professionisti e delle assicurazioni, in misura percentuale sui premi incassati, comunque non superiore al 4%.